è mio. Quest'altro nemmeno. Di chi sono? Forse di Dumas, forse di Augier, ma triplicati ognuno
sgarbatamente, come se entrambi si fossero messi in capo di calcare la loro propria maniera. Com'è
che me ne accorgo appena adesso? Com'è soprattutto che credo di trovare di mio, quando scrivo, e
do di capo così spesso in tante reminiscenze? Sarà forse perchè la mia memoria, già zoppa per conto
suo, ajuta a volo la mia troppa fantasia, più zoppa ancora, e casco ciecamente nell'altrui, male
rimescolato. Almeno che rubassi bene!» Se poi imbatto a scrivere una di quelle commedie, ora in
voga, che si rizzano in alto, anzi nei cieli, sulle adipose piante della nuova psicologia, mi va per
forza anche peggio. La solita fantasia prende l'aire sulla memoria, e mi escono di quelle figurine da
primitivi, che paiono illuminate dalla luce di magnesio e che sfumano nel bujo, cioè nel preteso
azzurro, anche maggiormente di quelle più diafane e più simboliche delle scuole settentrionali. Ma
non me ne accorgo, come il solito, che alla terza od alla quarta tappa. Un critico mi disse: «Voi
avete dei pregi, ma vi manca il principale: la modernità. O correte troppo avanti, o restate troppo
indietro. Ponetevi a metà del fosso che Dio vi benedica!» Non me lo feci dire due volte e mi diedi,
soggetto per soggetto, a quelli che stavano occupando, appunto allora, le fisime e gli appetiti
dell'universale. Caddi, per mio gusto, ancora più giù. La superficialità dei miei «motivi» mi
condusse a fare delle mie commedie altrettanti numeri da caffè-concerto, e mentre mi ero assunto,
almeno per la forma, di rinnovare alla meglio la semplice trasparenza di Carlo Goldoni, sprofondai
nei ghirigori e nei pistolotti della commedia dell'arte. Ho detto: «Se io non afferro mai la modernità,
come uno per uno l'hanno afferrata i modelli miei, vuol dire che mi manca la osservazione.
Nient'altro! L'unica è di smettere di scrivere, e di darmi ad osservare tutto, finchè trovi non già quel
che è moderno per essere alla moda, ma quello che il moderno, propriamente detto, ha in sè di più
fitto e di più particolare: quello che nessun altro tempo ha mai avuto nè potrà mai avere in grado
eguale: la vera modernità insomma: una brutta parola che sottintende molte belle cose, gioconde o
meste, dalle quali deve pur sempre scaturire quel che la natura umana ha sempre avuto di proprio,
per non dire di eterno. E sono tre mesi che giro ed osservo, con poco frutto per dir la verità, finchè
stamani prestissimo, appena arrivato a Bologna, vedo un omnibus fermo alla Mercanzia: chiedo
dove va e mi rispondono per maggior chiarezza in due lingue «A Scargalesan, a Scaricalasino. Mi è
sembrato di ricevere un colpo a destra e una carezza a sinistra. Tutto insieme. «Scaricalasino! Oh
severo e soavissimo nome! Che io ci possa scaricare le mie magagne? Che possa deporvele in
natura, come mi ha poi detto il vetturino, per ridiscendere col sacco pieno di ben altra e più cospicua
derrata? Vado subito. O mi vien fatto lì, o smetto di cercare più.» E son salito a cassetta, perchè voi
eravate già dentro, e son qua nelle vostre mani per amor di Dio e per amor dell'arte. —
Il simpatico artista aveva di già le lagrime agli occhi, e più glie ne spuntarono quando si vide
interrompere da uno scroscio di applausi, che gli aperse il cuore più assai che non glielo aprissero
quelli delle platee. Il pittore si alzò il primo e gli andò dietro a baciargli i capelli, come se fossero
stati una veneranda canizie; il chirurgo gli porse un altro sorso di Sangiovese; il Consigliere lo prese
amorevolmente pel ganascino come se fosse stato un suo burocratico figlioccio, e Pape, Satan,
Aleppe seguitarono ad applaudire, picchiando a distesa tutte le mani sul tavolo. Finalmente Satan,
come quello che era il più giornalista (leggete il più versatile), rispose subito quanto ci fosse a bene
sperare di un Poeta, il quale, alla svolta della maturità, sapesse dire di sè così ingenuamente, per poi
concludere e chiedere come in nome di tutti:
— Dite ora come vi possiamo giovare, e massimamente noi giornalisti, immersi come siamo
nell'attimo fuggente, e più che d'altro occupati a cercare col lanternino le misere cicche dell'attualità.
Avete già detto che questa nostra povera Musa vi ha già racimolato poco, se pure non vi ha
condotto, come diceste, ancora più in basso.
— Lo so, ma è agli uomini che io mi rivolgo, più che ai giornalisti e niente di meglio se voi,
per me, saprete essere e l'una cosa e l'altra. Si giovano a vicenda, come accadde a Gozzi, ad
Addison, a Franklin, ad altri.
— Veramente adesso non usa più tanto, ma via, ci proveremo per amor vostro.
— Oh bravi! Ma un momento. Io vi ho fatto credere di aver finito, per riprender fiato e per
vedere che viso mi facevate, ma prima di arrivare al tandem mi rimane a dirvi come e perchè abbia
impiegato assai poco bene i miei tre mesi di speculazione circonferente, e come e perchè mi sia
tanto rallegrato di trovarvi a spasso. Vi debbo far lavorare parecchio.
— E sia.