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RIGOLETTO: Sì, la mia figlia...
D'una tal vittoria...
Che?... Adesso non ridete?...
Ella è là... la vogl'io... la renderete.
(Corre verso la porta di mezzo, ma i cortigiani gli attraversano il passaggio.)
Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l'oro sconviene,
Ma mia figlia è impagabil tesor.
La rendete... o, se pur disarmata,
Questa man per voi fora cruenta;
Nulla in terra più l'uomo paventa,
Se dei figli difende l'onor.
Quella porta, assassini, m'aprite.
(Si getta ancor sulla porta che gli è nuovamente contesa dai gentiluomini; lotta alquanto, poi
ritorna spossato sul davanti della scena.)
Ah! Voi tutti a me contro venite!
(Piange.)
Ebben, piango... Marullo... signore,
Tu ch'hai l'alma gentil come il core,
Dimmi or tu dove l'hanno nascosta?
È là?... È vero?... Tu taci!... perché?
Miei signori... perdono, pietate...
Al vegliardo la figlia ridate...
Ridonarla a voi nulla ora costa,
Tutto al mondo è tal figlia per me.
Scena Quinta
(Gilda esce dalla stanza a sinistra e si getta nelle paterne braccia.)
GILDA: Mio padre!
RIGOLETTO: Dio! Mia Gilda!
Signori, in essa è tutta la mia famiglia...
Non temer più nulla, angelo mio...
Fu scherzo, non è vero?... (ai cortigiani)
Io, che pur piansi, or rido...
E tu a che piangi?...
GILDA: Il ratto, l'onta, o padre!...
RIGOLETTO: Ciel! Che dici?
GILDA: Arrossir voglio innanzi a voi soltanto...
RIGOLETTO (ai Cortigiani in modo imperioso): Ite di qua voi tutti...
Se il Duca vostro d'appressarsi osasse,
Che non entri, gli dite, e ch'io ci sono.
(Si abbandona sul seggiolone.)