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numero d'uomini sarà molto sensibile alla cortesia, alla officiosa urbanità, alla lode; ivi l'uomo
ragionevole, e bene educato potrà vincere l'amor proprio altrui, e cederanno l'ire e le ostilità al dolce
solletico della lode, e ai contrassegni esterni di onore, e di stima. Per lo contrario, presso un popolo
che sia meno colto, dove i bisogni fisici, e l'immediata azione de' sensi tengano tuttavia più
occupata la parte principale della sensibilità, dove mancando la folla delle idee combinate e astratte,
rimanga l'anima più oziosa ad accorrere alle più immediate sensazioni, ivi troveremo che o nessuno,
o tenuissimo sentimento faranno nascere i più raffinati ufficj, e nessuna, o scarsissima voluttà
produrranno le lodi, e i contrassegni del sentimento di stima. Il selvaggio non ha il dolor morale
d'essere trascurato e confuso nella folla degli uomini, perciò non ha piacere d'essere distinto; l'uomo
incivilito soffre gli stimoli dell'ambizione, ha dolore pensando di valer poco, di dover essere
nascosto tutto entro la tomba; perciò sente il piacer morale della lode, ed ogni volta che può
lusingarsi di valere, d'essere distinto, considerato, onorato, prova voluttuosissime sensazioni. Lo
stesso principio distingue la sensibilità dell'uomo virtuoso da quella del malvagio. Due sono le
sorgenti della umana virtù, e sono il bisogno della stima generale, e la compassione. L'uomo
virtuoso soffre continuamente per questi due principi, teme la volubilità delle opinioni, teme che o
l'artificio, o il caso possano involargli la buona fama, non è mai bastantemente contento del grado a
cui ella si trova, teme la umana dimenticanza; mosso da tutti questi dolori morali, è spinto a
continue azioni di virtù umana, cioè di quella, che ha per oggetto la gloria, la lode, il sentimento del
valor proprio, e della propria eccellenza. La compassione, altro principio meno imperioso, ma più
benefico, fa patire all'animo buono parte de' mali altrui, e il dolor morale, che nasce da questa
disposizione, porta l'uomo a liberare gli altri dai malori e dalle sventure che soffrono. Per lo
contrario l'uomo incallito nel mal costume, insensibile ai mali morali, indifferente alla buona o
cattiva riputazione, freddo e immobile spettatore delle altrui smanie, perchè minori dolori morali
soffre, anche minori piaceri morali può provare.
Se poi sgraziatamente troverassi impegnato nella strada del vizio un cuore originariamente
buono e sensibile, lo stato di lui sarà degno di somma compassione; e perciò tormentato da
cocentissimi dolori morali, sarà capace di voluttuosissimi piaceri morali. Egli soffre il crudelissimo
peso d'una coscienza, che ad ogni momento lo avvilisce; quai beni può mai godere in pace quel
miserabile che legge scritto in fronte agli uomini illuminati e buoni il disprezzo, e la diffidenza; che
in ogni sguardo teme un rimprovero, in ogni arcano la scoperta di qualche sua bassezza; che gode
precariamente la buona opinione di alcuni sedotti, e la conserva con una laboriosissima sagacità di
finzioni e con una intricata tessitura di artificj, e sa che al primo momento in cui gli cadesse la
maschera, farebbe orrore? Se quest'uomo, che di sua indole è straniero alla iniquità, con uno slancio
felice carpirà il momento per fare una generosa azione, o se mutando clima, e trasportato ove la
memoria de' suoi mali non giunga, si disporrà a cominciare una serie di azioni nobili e virtuose, egli
tanto maggiori piaceri morali proverà, quanto più furono austeri i tormenti, che il vizio gli pose
intorno al cuore; gli sembrerà di respirare un'aria più dolce e leggiera, il sole avrà per lui una più
ridente faccia, gli oggetti che gli si presenteranno, gli daranno nuove e grate sensazioni, tutta la
natura sarà abbellita per lui singolarmente al principio della sua onorata vita.
Non però i piaceri morali che produce la virtù, sono, o possono costantemente essere tali,
che disobblighino gli uomini dal ricompensare l'uomo, che la pratica. Sono lusinghiere le
apparenze, sotto le quali alcuni filosofi rappresentarono l'uomo virtuoso, quasi che nella coscienza
propria ei debba ritrovare la voluttà sempre pronta, qualunque sia lo stato di vita o di fortuna, sano o
infermo, propizia o avversa; e ravvisarono la virtù sotto l'idea platonica di premio a sè stessa. Felice
immaginazione, se fosse atta a riscuotere gli uomini e guidarli sulle tracce di lei! Ma l'abitudine a
ben operare diminuisce nel cuor dell'uomo il dolor morale del timore della fama, e a proporzione
vanno illanguidendo i piaceri morali, che vi corrispondono. Alcuni semiviziosi, vedendo l'uomo
virtuoso assediato dalla gelosia, e dall'invidia degli emuli, amareggiato, e contraddetto,
s'immaginano ch'ei trovi perfettamente ogni consolazione nel suo cuore, e soffocano in tal guisa il
desiderio spontaneo di recargli ajuto. L'uomo virtuoso sente l'ingiustizia, di cui è la vittima; sente la
debolezza propria contro il numero che l'opprime. Quindi il virtuoso, il forte Bruto, inzuppato della