Mussolini Paolo Valera
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Deputato l'uno, deputato l'altro. Entrambi articolisti di quotidiani violenti, aggressivi, repubblicani.
Duellisti. Molti scontri personali. Pugilisti parlamentari. Forse più letterato Rochefort per la sua a-
spirazione al teatro, per la sua vena al romanzo, e per le sue avventure dentro e fuori di prigione. La
Lanterne fu la sua spinta all'esaltazione giornalistica. Andava in giro con una corda per gettarla al
collo imperiale. La caduta della Comune lo fece mandare in Caledonia. La fuga dalla Caledonia gli
sparse il nome per il mondo come un eroe. Dopo le interviste in America, lo si è visto in un tiro a
due con una bella signora per le vie di Londra.
Benito Mussolini allora era un ragazzotto. Incominciava a farsi vivo come giornalista. È sta-
to processato. Spese qualche anno al servizio del quotidiano di Battisti a Trento. Si è fortificato in-
tellettualmente in Francia. In Italia ha turbato i seguaci di Carlo Marx. È andato alla direzione del
massimo quotidiano socialista. È giunto a una conflagrazione di partito. Inalberò i colori della scis-
sione con un giornale che ha veduto superbe tirature. Prese parte alla grande guerra, senza cessare la
professione, affidando la direzione del Popolo d'Italia a un redattore capo. Gli è scoppiata una bom-
ba in mano mentre faceva istruzione al suo plotone. Gli si riempì il corpo di schegge. Della guerra
scrisse il diario, magnifico diario, snello, fresco, qua e là spettacoloso. Ritornato al giornale, è ap-
parso una specie di Kossuth, una celebrità politica. Ha organizzato un corpo incaricato della demo-
lizione socialista. Divenuto capo del fascismo fece scalpore il suo arresto. Pare si trattasse di un na-
scondiglio d'armi. Il fascismo è venuto al mondo dopo Vittorio Veneto. Composto di molti partiti.
Tutti giovani. Il dopo guerra è pieno di scontri sanguinosi. L'ambiente non è ancora sedato. La disu-
nione dei socialisti rese più forte il fascismo. Gli scioperi e i rialzi di salari contribuirono a spingere
la borghesia industriale nell'orbita fascista. Siamo all'occupazione di Fiume compiuta da Gabriele
D'Annunzio. Otto giorni dopo, con Nitti al potere, si sono fatti i primi arresti: Mussolini, Marinetti,
Vecchi con non pochi arditi. Non faccio la storia degli ultimi avvenimenti.
Mi limito a ricordare che alle ore 10.42 del 30 ottobre 1922 Benito Mussolini, duce del fa-
scismo, entrava in Roma circondato da novantamila camicie nere e salutato da una pioggia di fiori e
dagli evviva di una moltitudine elettrizzata dall'entusiasmo. Vi entrava "monarchizzato", chiamato
dal re ad assumere la Presidenza del Consiglio parlamentare.
"Maestà, vi chiedo perdono di presentarmi ancora in camicia nera, reduce dalla battaglia for-
tunatamente incruenta. Porto a Vostra Maestà l'Italia di Vittorio Veneto, riconsacrata dalle nuove
vittorie; e sono, di Vostra Maestà, il servitore fedele."
La tragedia del povero Giacomo Matteotti, deputato unitario, ha messo sottosopra il fasci-
smo e ha rinnovato, direi quasi, il ministero. Non c'è mai stata tanta emozione. Ci sono cimiteri di
gente uccisa in questi due o tre anni, ma nessun omicidio ha mandato allo zenith l'ambascia pubbli-
ca come questo delitto selvaggio. Ci sono stati deputati bastonati, defenestrati, caricati d'olio di rici-
no, aggrediti con le forbici alle barbe, sfregiati, assassinati. Cito a memoria. Il deputato Giuseppe Di
Vagno, revolverato in piena piazza soleggiata, a Mola di Bari, in una domenica, da diciotto o venti
congiurati. È caduto. È stato un orrore per il partito socialista che non è accorso in massa sul luogo
del delitto. I giurati hanno assolto i malviventi. Il tipografo Piccinini, di Reggio Emilia. Era un can-
didato al parlamento. Non ci sono di mezzo che alcuni mesi. Lo hanno fatto discendere da casa con
un falso pretesto. L'hanno trascinato in piena campagna e ammazzato come un cane idrofobo. L'on.
Francesco Buffoni, ha dovuto salvarsi da Gallarate con la famiglia, scappando. Il suo studio di av-
vocato è stato sconquassato, defenestrato. Nessuna autorità lo difese. I deputati Bussi, Vella, Modi-
gliani, Maffi, Marangoni, Graziadei, Bombacci, Pagella, Miglioli, Mazzolani; l'ex Presidente on.
Nitti, l'ex ministro Amendola hanno conosciuto il manganello o lo sfollagente o la violenza delit-
tuosa dell'aggressione fascista. La stessa sorte è toccata al deputato Misuri e a Cesare Forni. Stesse-
rati dal partito, furono con la testa fracassata dal randello. Non erano stinchi di santo. I loro nomi
sono apparsi più di una volta come terrorizzatori: manganellavano e facevano manganellare. A ogni
modo noi li lasciamo passare da vittimizzatori a vittime.
I seicentomila fascisti intorno al duce hanno lavorato le teste degli avversari come non sa-
rebbe stato possibile in un altro paese civile. Le Cooperative sono state distrutte e poi sostituite. Le
Camere del Lavoro — le più belle, le più formidabili — sono state incendiate, demolite, frantumate.