- Sì, mia cara, allora io aveva ancora molta poesia nel mio cuore, allora io credevo, che non si
potesse e non si dovesse sposare che un uomo che si amasse. Allora credevo, che il matrimonio
senza amore era una prostituzione, che l'amore bastasse per farci felice. Ma ora, ora dopo due anni
di tristissima esperienza, penso proprio tutto il rovescio.
Ho sposato un bel giovane, che diceva di adorarmi e me lo dimostrava con un delirio di carezze
senza nome, che mi facevano vedere il paradiso in terra. I miei parenti si opposero invano,
mostrandomi i pericoli del mio divisamento. Non volli udir ragioni. Io sentivo che senza Antonio
sarei morta. Minacciai di fuggire con lui e non credettero alla mia minaccia.
Fuggii davvero e dovettero lasciarci sposare....
Il paradiso durò due mesi, il purgatorio un anno, ed ora sono nell'inferno; in un inferno terribile, che
mi fa la più infelice delle donne.
Credilo a me. Gli uomini, quando non ci sposano pei nostri quattrini, ci vogliono pei loro piaceri, e
una volta che ci hanno avuto, si annoiano. Toujours perdrix, toujours perdrix!... L'adorazione nei
casi migliori, cioè quando tu sposi un gentiluomo, diventa amore, poi amicizia, poi un'abitudine
monotona, che si infiora con qualche cortesia quotidiana, per non parere....
E poi, stammi a sentire. Se tu sposi Enrico, sarai povera e la povertà nel matrimonio è l'inferno.
Non vi è amore, che resista alla lotta quotidiana colle necessità della vita. Io ho già due figliuoli e
per essi sento che la miseria, che io avrò loro imposto col mio matrimonio, è un delitto, di cui io, io
sola sono la colpevole. Tu non puoi immaginarti quanto veleno ci sia nella povertà, che si soffre in
tre, in quattro; sotto il tetto di una casa angusta, misera. Tu non puoi capire quanto inferno possa
essere chiuso in un conto della sarta, che non si può pagare, nell'angoscia del pensiero di dover
pagare fra pochi giorni il semestre della pigione. E se poi hai un marito, che coll'energia della
volontà e coll'onnipotenza dell'ingegno non sappia lottare e vincere e portar fuori la moglie e i figli
dal pantano, tu incominci a sprezzarlo e ad odiarlo. E tu, poveretta, senti tutta l'impotenza di esser
donna e di non potere col proprio lavoro dare alla famiglia l'agiatezza.
Io, vedi, son diventata cattiva. Quando porto a spasso i miei bambini mal vestiti e vedo quelli dei
miei vicini scarrozzare nella loro piccola vettura condotta da una balia bella e riccamente vestita,
soffro e bestemmio entro di me, contro di me e contro tutti.
No, no, Emma, sposa il marchese di Acquafredda. -
Emma taceva, e si asciugava gli occhi innondati di lagrime. Il dolore dell'amica era troppo crudele,
era troppo disperato, perchè non scendesse anche nel suo cuore.
Finalmente potè parlare colla voce interrotta dal singhiozzo.
- Maria, in te parla l'ira figlia del tuo dolore. Tu parli cinicamente, perchè sei disperata; ma io non
posso credere, che sii divenuta cattiva, perchè sei infelice.
Quanto a me, se la mamma non mi lasciasse sposare Enrico, accetterei la mano dell'ingegnere
Rinaldini, non mai quella del marchese; per quanti blasoni e milioni egli potesse offrirmi. Se la
miseria uccide l'amore, la ricchezza senza amore non lo può uccidere, perchè l'amore non c'è; ma
non deve darci che una vita insopportabile.... Tu almeno hai amato e hai goduto due mesi di
paradiso; io sposando il Marchese non ne avrei neppure un'ora.... -
Le amiche parlarono ancora a lungo, ma si lasciarono colle stesse parole con cui la loro triste
conversazione era incominciata.
- Sposa il Marchese....
- Giammai!