virtù, che nascesse qualche cosa istraordinaria, che fermasse e facesse più ostinati gli animi dell'uno
che dell'altro: nella quale ostinazione consiste, come altre volte si è detto, la vittoria; perché, mentre
che la dura ne' petti di quelli che combattono, mai non dànno volta gli eserciti. E perché la durasse
più ne' petti de' Romani che de' Latini, parte la sorte, parte la virtù de' Consoli fece nascere che
Torquato ebbe a ammazzare il figliuolo, e Decio sé stesso. Mostra Tito Livio, nel mostrare questa
parità di forze, tutto l'ordine che tenevono i Romani nelli eserciti e nelle zuffe. Il quale esplicando
egli largamente, non replicherò altrimenti; ma solo discorrerò quello che io vi giudico notabile, e
quello che, per essere negletto da tutti i capitani di questi tempi, ha fatto, negli eserciti e nelle zuffe,
di molti disordini. Dico, adunque, che per il testo di Livio si raccoglie come lo esercito romano
aveva tre divisioni principali, le quali toscanamente si possono chiamare tre schiere; e nominavano
la prima astati, la seconda principi, la terza triari: e ciascuna di queste aveva i suoi cavagli. Nello
ordinare una zuffa, ei mettevano gli astati innanzi; nel secondo luogo, per ritto, dietro alle spalle di
quelli, ponevano i principi; nel terzo, pure nel medesimo filo, collocavano i triari. I cavagli di tutti
questi ordini gli ponevano a destra ed a sinistra di queste tre battaglie; le stiere de' quali cavagli,
dalla forma loro, e dal luogo, si chiamavano «alae» perché parevano come due alie di quel corpo.
Ordinavono la prima stiera, degli astati, che era nella fronte, serrata in modo insieme, che la potesse
spignere e sostenere il nimico. La seconda stiera, de' principi, perché non era la prima a combattere,
ma bene le conveniva soccorrere alla prima quando fussi battuta o urtata, non la facevano stretta,
ma mantenevano i suoi ordini radi, e di qualità che la potessi ricevere in sé, sanza disordinarsi, la
prima, qualunque volta, spinta dal nimico, fusse necessitata ritirarsi. La terza stiera, de' triari, aveva
ancora gli ordini più radi che la seconda, per potere ricevere in sé, bisognando, le due prime stiere,
de' principi e degli astati. Collocate, dunque, queste stiere in questa forma, appiccavano la zuffa: e,
se gli astati erano sforzati o vinti, si ritiravano nella radità degli ordini de' principi; e, tutti uniti
insieme, fatto di due stiere uno corpo, rappiccavano la zuffa: se questi ancora erano ributtati,
sforzati si ritiravano tutti nella rarità degli ordini de' triari; e tutt'a tre le stiere, diventate uno corpo,
rinnovavano la zuffa: dove essendo superati, per non avere più da rifarsi, perdevono la giornata. E
perché ogni volta che questa ultima stiera de' triari si adoperava, lo esercito era in pericolo, ne
nacque quel proverbio: «Res redacta est ad triarios», che, a uso toscano, vuole dire:«Noi abbiamo
messa l'ultima posta». I capitani de' nostri tempi, come egli hanno abbandonati tutti gli altri ordini, e
della antica disciplina non ne osservano parte alcuna, così hanno abbandonata questa parte, la quale
non è di poca importanza: perché chi si ordina di potersi rifare nelle giornate tre volte, ha ad avere
tre volte inimica la fortuna a volere perdere, ed ha ad avere per iscontro una virtù che sia atta tre
volte a vincerlo. Ma chi non sta se non in sul primo urto, come stanno oggi tutti gli eserciti cristiani,
può facilmente perdere; perché ogni disordine, ogni mezzana virtù gli può tôrre la vittoria. Quello
che fa agli eserciti nostri mancare di potersi rifare tre volte, è lo avere perduto il modo di ricevere
l'una stiera nell'altra. Il che nasce perché al presente s'ordinano le giornate con uno di questi due
disordini: o ei mettono le loro stiere a spalle l'una dell'altra, e fanno la loro battaglia, larga per
traverso, e sottile per diritto; il che la fa più debole, per avere poco dal petto alle stiene. E quando
pure, per farla più forte, ei riducano le stiere per il verso de' Romani, se la prima fronte è rotta, non
avendo ordine di essere ricevuta dalla seconda, s'ingarbugliano insieme tutte, e rompano sé
medesime: perché, se quella dinanzi è spinta, ella urta la seconda; se la seconda si vuole fare
innanzi, ella è impedita dalla prima: donde che, urtando la prima la seconda, e la seconda la terza,
ne nasce tanta confusione, che spesso un minimo accidente rovina uno esercito. Gli eserciti
spagnuoli e franciosi nella zuffa di Ravenna, dove morì monsignor de Fois capitano delle genti di