cose...... Ma ti parli egli stesso: chè saria ridicolo se invece di sì gran retore parlassi io, che forse
sarei cattivo istrione per sì gran personaggio, e sbagliando farei cader leroe che rappresento. Parli
dunque egli a te a questo modo, dopo che si avrà lisciato quel po di chioma che gli rimane, ed
acconciata la bocca a quel suo grazioso e delicato sorriso, imitando la Taide della commedia, o
Maltace, o una Glicera nella soavità della voce; chè il tuono troppo maschio è rozzo, e non fa per un
delicato ed amabil retore. E con molta modestia ei ti dirà:
«Forsechè tu, caro, se venuto da me per consiglio di Apollo, che tindicò il migliore de retori,
come, quando Cherefonte lo dimandò, ei gli additò chi era il più savio di quel tempo? E se questo
non è, e vieni alla fama, udendo tutti strasecolare delle cose nostre, e celebrarle, e stupirne, e
venerarle, ben tosto conoscerai a qual uomo divino se venuto. Non aspettarti di vedere uno che tu
possa paragonarlo a questo ed a quello, ma un Tizio, un Oto, un Efialte rispetto agli altri ti parrà un
nuovo e sovrumano miracolo. Chè tanto lo troverai più degli altri risonare, quanto la tromba del
flauto, le cicale delle api, i cori del corista che intona. Ma giacchè vuoi divenir retore, e questo non
potresti meglio impararlo da altri, segui pure, o bimbo mio, ciò che io ti dirò, e attendi bene ad ogni
cosa; e le regole che io ti comando di usare serbami a puntino. Anzi vieni pure avanti senza peritarti
nè sbigottirti, se non sei iniziato in quegli studi che si fa andare innanzi alla Rettorica, e nei quali
tanta fatica e tempo si spende daglinsensati e dagli sciocchi: chè tu non ne hai bisogno. Entra pure
drento senza lavarti i piedi, come dice il proverbio: chè non fa caso, e neppure se non sapessi affatto
di lettera. Oh, ben altra cosa che tutte queste vuole il retore. Ora ti dirò primamente che specie di
roba devi portar di casa tua nella bisaccia per questo viaggio, e che provvisioni fare per giungere
presto: di poi via via che tavanzi alcune cose additandoti, e di altre avvertendoti, prima che cada il
sole, ti farò retore maggiore di tutti, come sono io, senza fallo il primo, il mezzano, e lultimo di quei
che si mettono a parlare. Porta adunque il più che puoi ignoranza, e appresso presunzione, e
arroganza e sfacciatezza: pudore, modestia, discrezione, verecondia lasciale a casa, chè son cose
inutili, e timpacciano. La voce poi sia grandissima, la modulazione impudente, e landare come il
mio. Queste cose sono necessarissime, e sole talvolta bastano. La veste sia fiorita, e bianca,
sottilissimo lavoro tarantino, sicchè trasparisca la persona; la scarpetta ateniese, femminile,
traforata, o un calzarino sicionio guernito di feltro bianco; e poi molti che ti faccian codazzo, e un
libro sempre in mano. E di questo ti dè i compiutamente fornire: il resto, or che sei entrato in questa
strada, vedi ed ascolta. Io ti spiego le regole, alle quali se tu ti attieni, la Rettorica ti riconoscerà ed
accetterà per suo, e non ti ributterà e scaccerà via come profano e spiatore de suoi arcani. Il primo
tuo pensiero devessere una bella figura, ed un leggiadro vestimento: poi scegliere una quindicina o
una ventina al più di parole attiche, e imparatele bene a mente, aver sempre in punta alla lingua il
checchè, il posciachè, il forsechè, il conciossiachè, il caro mio, e cotali altre, e condiscine ogni
discorso come se fossero una dolcezza: e non pensare alle altre, se sono disparate da queste,
estranie, e discordanti: la porpora sola sia bella e fiorita, e non importa che il mantello sia un
pelliccione. Dipoi raccogli parole misteriose, e forestiere, e di rado usate dagli antichi, e scoccale
tra gli ascoltatori; chè così la moltitudine ti rispetterà, ti terranno un uomo mirabile, e che sai molto
più di loro, se dici, stregghiare invece di pulire, assolatiare il riscaldarsi al sole, gaggio il pegno, e
lalba il bruzzolo. Talvolta fa tu parole nuove e strane, e chiama chi sa ben dire il benedetto; un
uomo sennato saggiomentato, un mimo manisavio. Pe solecismi poi e pe barbarismi un solo rimedio
vè, la sfacciataggine: sfodera subito un nome dun poeta o duno storico, che non cè, nè cè stato mai,
il quale faccia autorità che così si dee dire, ed era un uomo dotto, che sapeva tutte le squisitezze
della lingua. Leggi, i libri vecchi no, o di quel chiacchierone dIsocrate, o dello sgarbato Demostene,