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uno minore; e puossi comparare a uno che vuole più tosto due ferite che una, il che chi facessi
sarebbe sanza dubio reputato stulto da tutti li omini.
Confermasi questa opinione medesima con una altra ragione, perché chi, venendo in servitù,
o lui o la patria, sperassi che la libertá si potessi qualche volta recuperare e che questo male avesse a
essere temporale, sanza dubio più tosto eleggerebbe la servitù, aspettando che la avessi in processo
di tempo a finire, che la morte la quale sa essere male perpetuo. Lo amazzarsi adunche per simile
ragione è spezie di desperazione, la quale viene da mancamento di animo e da troppa timiditá,
massime quando si perde la speranza che e' si variino quelle cose che non sogliono mai stare
lungamente ferme: veggiamo le cose umane e massime delli stati andarsi tuttodí alternando, e dove
è oggi la vittoria e lo imperio, essere domani la perdita e la servitù, ed e converso; e quello che è
più, venire spesso queste revoluzione e queste tempeste in tempi che non pare se ne vegga alcuno
segno, e contro alla opinione di tutti li omini; e però chi ne perde la speranza piú che sia
ragionevole, bisogna che nasca da essere troppo timido e pauroso.
Ultimamente non si può negare che lo amazzarsi, oltre al tôrre alla persona propria ogni
occasione di tornare allo stato desiderato, è ancora dannoso ad altri; e massime quando l'uomo lo fa
per non vedere la servitù della sua patria, alla quale potrebbe molto piú giovare vivendo ed
aspettando qualche occasione di poterla ridurre alla libertá ed al suo stato antico, che togliendosi la
vita; e però non so come si possa dire amatore della patria quello che col fare male a sé medesimo si
toglie ogni facoltá di poterla mai in tempo alcuno aiutare; né come possa lodarsi questo amazzare,
procedendo da poco animo per temere troppo e' mali della servitú, da poco giudicio per non pesare
quanto grande male sia la morte, e faccendo nocumento a sé con danno di altri; ed in effetto pare
molto più da commendare quello che animosamente sopportando ogni difficultá della servitù, si va
preservando di potere a qualche tempo godere la libertá.
Da altro canto si legge che nelli antichi tempi molti uomini tenuti grandi e generosi si sono
spontaneamente amazzati, non solo per fare qualche beneficio grande alla patria, come feciono e'
Decii, del quale caso non occorre parlare perché è diverso dal tema proposto, ma ancora ne' nostri
propri termini, sanza utilitá alcuna del publico, solo per fuggire la servitú e non volere vivere in
patria non libera. Di questi fu capo apresso a' romani, Marco Catone, uomo di singulare virtú e
constanzia, el quale, avendo sempre con grande animo stimato poco el giudicio della moltitudine, le
repulse ed altre infamie civili, e prese per utilitá della cittá molte inimicizie, per non vivere nella
patria serva per beneficio di altri, si amazzò in Utica. Seguitollo Marco Bruto suo nipote, uomo
eruditissimo nelli studi di filosofia, e di tanta prudenzia e gravitá che era chiamato ornamento della
gioventú romana. Costui, con tutto che doppo Cesare avessi el primo grado della cittá, non potendo
per generositá di animo soportare che la patria sua servissi, si fece capo della coniura contro a lui; e
di poi essendo el popolo romano per la collegazione di Marco Antonio ed Ottavio ricaduto in
servitú, venne a giornata contro a' tiranni ne' campi Filippici, ed essendo rotto (con tutto che non li
mancassi facoltá di potersi fuggire e forse qualche speranza di rifare nuovi eserciti, o almeno
salvarsi in molte parte di Oriente che non erano sotto lo imperio romano, né li mancassi speranza di
potersi forse con qualche tollerabile condizione reconciliarsi colli inimici, massime per qualche
amicizia avea con Antonio), nondimeno volle piú tosto tôrsi la vita, che vivendo in servitú e
vedendo servire la patria, seguire speranze incerte.
Costoro essendo uomini prudentissimi, non è da credere non conoscessino quale fussi
maggiore male, o la servitú o la morte; né è da credere che avendo fatto in tutta la vita sempre
dimostrazione di animo grandissimo, pigliassino partito di amazzarsi per timiditá, e tanto piú che la
morte è di sua natura tanto terribile e tanto contraria al desiderio naturale di tutti li uomini, e' quali a
una voce appetiscono el vivere, che e' non pare credere che chi non ha paura della morte possi avere
paura di altra cosa. Non è adunche in modo alcuno da dire che uomini tanto eccelsi e generosi si
dessino la morte per paura de' mali che si vedevano preparati in vita, né perché mancassi loro el
cuore a soportarli; ma che piú tosto si movessino da una certa grandezza e generositá di animo, la
quale, essendo loro assueti a vivere liberi e con onore, li movessi sí veementemente che si
sdegnassino volere vivere in servitú e mancare di quella gloria e libertá nella quale erano nati e