signore domanda di te. - Quella probabilmente era la dolce madre cui Angiolina aveva anelato di
ritornare allorché era stata abbandonata dal Merighi. La vecchia vestiva da serva, in colori vivaci per
quanto un po' stinti, il grande grembiale turchino, e turchino il fazzoletto che portava in testa alla
friulana. Del resto il volto conservava qualche traccia di bellezza passata; anzi il profilo ricordava
quello d'Angiolina, ma la faccia ossuta e immobile con degli occhietti neri pieni d'inquietudine aveva
qualche cosa della bestia attenta per sfuggire alle legnate. - Angiolina! chiamò ancora una volta. -
Viene subito - avvertì con grande cortesia. Poi, senza guardarlo mai in faccia, disse più volte: -
S'accomodi intanto. - La sua voce nasale non sapeva essere gradevole. Ella esitava come un
balbuziente al principio di un discorso; poi tutta la frase le usciva di bocca ininterrotta, un solo soffio
privo di qualunque calore.
Ma, dall'altra parte del corridoio, correndo, venne Angiolina. Era già vestita per uscire. Vedendolo si
mise a ridere, e lo salutò cordialmente: - Oh, signor Brentani. Che bella sorpresa! - Presentò
disinvolta: - Mia madre, mia sorella.
Era proprio quella la dolce madre cui però Emilio, lieto d'essere stato accolto così bene, porse la
mano, mentre la vecchia, non essendosi attesa tanta degnazione, diede la propria con un po' di ritardo;
non aveva capito che cosa egli volesse e quegli occhi inquieti di volpe l'avevano fissato per un istante
con un'immediata, evidente diffidenza. La ragazzina, dopo la madre, gli porse anch'essa la mano
tenendo la sinistra sempre al petto. Ottenuto quell'onore disse con calma: - Grazie.
- S'accomodi qui - disse Angiolina; corse ad una porta in fondo al corridoio e la aperse. Beato, il
Brentani si trovò solo con Angiolina; perché la vecchia e la ragazzina, fatto un ultimo complimento,
erano rimaste fuori della porta. E, chiusa quella porta, egli dimenticò tutti i suoi propositi
d'osservatore. L'attirò a sé.
- No - pregò essa - qui accanto dorme mio padre ch'è indisposto.
- So baciare senza far rumore, - dichiarò lui e le premette lungamente le labbra sulla bocca mentre
essa continuava a protestare, ne risultò così un bacio frazionato in mille, adagiato in un alito tiepido.
Stanca, ella si svincolò e corse ad aprire la porta. - Ora s'accomodi qui e sia saggio perché dalla cucina
ci vedono. - Sempre ancora rideva ed egli, poi, la rammentò spesso così lieta d'avergli giuocato quel
tiro da bambina maliziosa che fa dispetti a chi la ama. Sulle tempie i capelli le erano stati arruffati dal
suo braccio, ch'egli, come sempre, aveva posto intorno alla bionda testa; con l'occhio egli accarezzò le
tracce della propria carezza.
Appena più tardi vide la stanza in cui si trovavano. La tappezzeria non era troppo nuova, ma i mobili,
date quelle scale, quel corridoio e i vestiti della madre e della sorella, sorprendentemente ricchi, tutti
dello stesso legno, noce, il letto coperto di un drappo con larga frangia, in un canto un vaso enorme
con alti fiori artificiali e di sopra, sulla parete, aggruppate con grande accuratezza, molte fotografie.
Del lusso insomma.
Egli guardò le fotografie. Un vecchio che s'era fatto fotografare in posa di grand'uomo, appoggiato a
un fascio di carte. Emilio sorrise. - Il mio santolo - presentò Angiolina. Un giovanotto vestito bene ma
come un operaio in festa, una faccia energica, uno sguardo ardito. - Il santolo di mia sorella, - disse
Angiolina, - e questo è il santolo del più giovane dei miei fratelli, - e fece vedere il ritratto di un altro
giovanotto più mite e più fine dell'altro.
- Ce ne sono degli altri? - domandò Emilio, ma lo scherzo gli morì sulle labbra perché tra le fotografie
ne aveva scoperte due unite, di uomini ch'egli conosceva: Leardi e Sorniani! Il Sorniani, giallo anche
in fotografia, lo sguardo torvo , pareva continuasse anche di là a dir male d'Angiolina. La fotografia
del Leardi era la più bella: la macchina aveva fatto questa volta il proprio dovere riproducendo tutte le
gradazioni del chiaroscuro, e il bel Leardi pareva ritratto a colori. Stava là, disinvolto, non appoggiato
a tavoli, libere le mani inguantate, proprio in atto di presentarsi in un salotto ove forse lo attendeva
una donna sola. Guardava Emilio con una cert'aria di protezione, naturale alla sua bella faccia
d'adolescente, ed Emilio dovette torcere lo sguardo, pieno di rancore e d'invidia.
Angiolina non comprese subito perché la fronte di Emilio si fosse tanto oscurata. Per la prima volta,
brutalmente, egli tradì la sua gelosia: - Non mi piace mica di trovare tanti uomini in questa stanza da
letto. - Poi, vedendo ch'ella si sentiva tanto innocente da essere stupefatta del rimprovero, addolcì la
frase: - E quello che io ti diceva sere or sono; non è bello di vederti circondata da cotesti figuri e può
danneggiarti. Già il fatto che li conosci è compromettente.
Improvvisamente ella ebbe dipinta sulla faccia una grande ilarità, e dichiarò ch'era ben lieta di vederlo