secondo sia più piccolo di quello (BGC) del primo, certo la luce bianca ne sarà dispersa. Se invece il
primo si faccia di cronne ed il secondo di flinte, diminuendo convenientemente l'angolo rifrangente
(GCF) del finte più dispergitore, in confronto all'angolo (BGC) del cronne, si giunge a rendere uguale
il potere dispersivo di questi prismi: i quali, essendo inversi, dànno una dispersione in senso contrario;
e i raggi emergenti (RE, R'È) saranno riportati al parallelismo. Siccome per altro la relazione degli
angoli (BGC, GCF) conveniente pei raggi rossi, e per i pavonazzi, esempigrazia, non è uguale a
quella dei raggi intermedii, ci vorrebbero sette prismi per un perfetto acromatismo. Tuttavolta anche
con due soli si ottiene un acromatismo, che è sufficiente per gli usi ordinari delle lenti. L'acromatismo
fu nel 1733 ideato da Hall; e pubblicato nel 1757 da Dollond a Londra.
2° Si è domandato se i colori semplici sieno in realtà elementari. Perchè se i raggi di due diversi colori
fossero dotati della medesima rifrangibilità, noi non avremmo il modo di separarli, e dovremmo
ritenerli per semplici, ad onta che non lo fossero. È certo intanto che nello spettro si passa da un
colore all'altro non di salto, ma gradualmente; di maniera che dal giallo canario si giunge al
verdeporro, ed al verdone per una serie di gialli e di verdi piu o meno aperti, o cupi; e nel rosso vi è il
rosso ciliegia, il rosso porpora, e così dopo varii rossi variamente accesi si perviene al rancio. Dunque
i colori dello spettro non sono proprio sette: ma assai più. Ciò non ostante il numero
dei colori del medesimo è stato fissato a sette; vuoi perchè il sette era un numero gradito,
specialmente per certe analogie coi suoni musicali, vuoi perchè potea esprimersi con nomi più
generali e semplici. Quindi alcuni Fisici tedeschi, tralasciando di nominare l'indaco, e considerandolo
come un passaggio fra l'azzurro ed il violetto, amano di ridurre i colori principali a soli sei. Ma, se i
colori di passaggio possono spiegarsi col supporre sei o sette dischi dei colori primitivi, i quali si
succedano sovrapponendosi parzialmente; sarà anche lecito, supporre che i colori elementari sieno tre
soli, composti per altro di raggi diversamente rifrangibili fra loro, ed ugualmente rifrangibili con
qualcuno di un altro colore. Comunque ciò sia, i tedeschi, sotto la scorta di Mayer, tengono che i
colori elementari sien tre, rosso, giallo, ed azzurro; e che tutti gli altri nascano dalla parziale
sovrapposizione di questi. E veramente in pittura il rosso col giallo fa il ranciato, il torchino col giallo
fa il verde, il rosso col torchino fa il pavonazzo.
Alcuni altri Fisici si attengono a Young; il quale, fondandosi su certe esperienze, onde si vede che con
una meschianza di rosso e di verde si à il giallo, e con quella del verde col violetto si ottiene l'azzurro,
sostiene che i colori elementari sieno pur tre, ma diversi dai sopraddetti; sieno cioè il rosso, il verde,
ed il violetto. Del resto è certo, che non solo la riunione di tutti i colori dello spettro, ma un solo di
essi unito ad un altro dà il bianco. Infatti il bianco si ottiene coll'unire il rosso col verde, oppure il
ranciato coll'azzurro, o il giallo col violetto: il che favorisce la sentenza di Mayer.
3° Nello spettro solare, come in quello di altre luci sia naturali sia artificiali, si discuoprono certe strie
o righe trasversali ora nere, ed ora assai risplendenti. I. Fu Wollaston il primo che nel 1802 vide nello
spettro solare alcune di queste righe scure finissime. Quindici anni appresso Fraunhofer ne contò nello
spettro solare un cinque o secento, ed avvertì che il numero cresceva colla forza del canocchiale usato
a riguardarle. Queste righe sono ripartite irregolarmente e non coincidono coi limiti, d'altronde assai
indecisi, dei colori principali; alcune sono delicatissime e nere, ma appena visibili; altre sono assai
vicine e rassomigliano più un'ombra, che un insieme di linee; alcune altre sono spiccate, e mostrano
un'estensione sensibile, ma ciascuna occupa un posto fisso e determinato. il perchè il medesimo
Fraunhofer per somministrare un filo di guida in questo inestricabile laberinto, determinò nello spettro
solare otto righe principali, facili a distinguersi per la loro posizione ed intensità, e le disegnò colle
prime lettere dell'alfabeto (fig. 67.). Fra mezzo a queste ve ne sono due altre (a, e b) assai notevoli. II.
Le righe scure, oltre che sono utili per determinare gli indizi di rifrazione dei varii colori, e nell'arte di
rendere acromatiche le lenti, offrono eziandio un mezzo singolare di distinguere le diverse sorgenti
luminose. Imperocchè esse divariano con queste, ma rimangono le stesse per la medesima sorgente,
anche dopo aver subìte più riflessioni. La luce del Sole, delle nuvole, della Luna, dei pianeti dànno
righe ugualmente distribuite. Non così la luce delle stelle fisse, ognuna delle quali dà uno spettro
diverso. Nello spettro di Sirio, esempigrazia, non vi sono righe nel giallo e nel ranciato, ma ve ne à
due nel torchino, ed una notevolissima nel verde. Polluce à molte linee sottili, e la riga D occupa lo
stesso posto che nello spettro solare. I solidi, ed i liquidi incandescenti, come sarebbero l'argento fuso,
il platino rovente, dànno spettri senza righe, quando volitizzando non producono dei veri vapori, o ne
producono dei trasparenti acroici. Le luci artificiali, e specialmente l'elettrica, invece delle righe scure,