se si riguardi, non l'ordine con cui nei Corsi sono disposte le materie, nè certe espressioni più o meno
improprie, ma il comun sentire di tutti i Fisici, quello cioè che si rileva dalle teorie universalmente
ammesse, le proprietà generali si debbono distinguere dalle particolari non in ordine ai singoli corpi,
ma in ordine propriamente ai loro diversi stati. Infatti quanto alle proprietà generali, ricordo che tutti i
Fisici, nel dimostrare la estensione, la resistenza, la mobilità, la figura, l'inerzia, e la divisibilità,
ricorrono più o meno apertamente al concetto stesso che noi abbiamo della materia. Invece tutte le
altre proprietà, da noi chiamate generali, e sono la impenetrabilità, il peso, la dilatabilità, e la porosità,
vengono dimostrate esperimentalmente non solo, ma le esperienze a tal uopo si istituiscono solo sui
corpi solidi, sui liquidi, e sui vaporosi. Inoltre nessuno parla di porosità della luce, di impenetrabilità
del calorico, di dilatabilità dell'elettrico; anzi per l'elettricità non vi è chiusura ermetica che valga, la
luce, come sostiene Herschel, passa non solo pei pori, ma per la sostanza medesima del vetro. E poi,
tutti questi tre agenti fisici si ritengono e si domandano imponderabili. È vero che imponderabilità
vuol dire proprio mancanza di peso sperimentabile, non di un peso qualunque; ma, se ai così detti
imponderabili non si può attribuire il peso nè per concetto, nè per fatto, con qual diritto potrà dirsi che
il peso è proprietà di tutti i corpi indistintamente? Forse per induzione? Ma io non so, se fra i corpi
ponderabili e questi esseri misteriosi che diciamo imponderabili, vi sia tanta analogia, quanta ce ne
vorrebbe per dimostrarli pesanti. Certamente vi è più analogia fra l'acqua e l'aria, che non fra l'aria e
l'elettrico; eppure quella non bastò agli Scolastici per farli ricredere dalla loro falsa opinione della
leggerezza assoluta dei vapori! Comunque ciò sia, nessun Fisico à la certezza del peso,
dell'impenetrabilità ... degli imponderabili: or questa certezza sarebbe necessaria per dire, che quelle
proprietà sono, non relativamente ai diversi stati, ma assolutamente, generali. Nè mi si venga a dire
che gli imponderabili non sono corpi, ma pure modificazioni dei ponderabili e di un etere sottilissimo.
Perchè allora primamente avverto, che questa è una questione ancora viva e controvertibile; e però
non deve essere pregiudicata fin dal primo ingresso di uno studio elementare: secondamente osservo
che i nomi di imponderabili, agenti fisici, fluidi eterei, coi quali questi comunemente sogliono esser
chiamati, ci obbligano ad esser coerenti, ed a considerarli qui, secondo le apparenze, come veri corpi;
salvo il diritto di proporre più tardi la questione sopra accennata: terzamente domando: v'è alcuno che
sappia dirmi se questo etere, di cui non possiam fare a meno, e che senza controversia è un corpo, se
questo etere, dico, sia pesante, impenetrabile, dilatabile, poroso? Quanto poi alle proprietà particolari,
mi contento di osservare che nessuno, nel farne il novero, si è preso mai il pensiero di nominare tutte
quelle che spettano solamente a certe classi di corpi, e non sono connesse con tale o tale altro loro
stato, come sarebbero l'odore, il colore, il suono, la diafanità, la conducibilità pel calorico o per
l'elettrico. Pare, dunque, che il considerare le proprietà generali e particolari in ordine precisamente
agli stati dei corpi sia inerire docilmente al sentimento comune dei Fisici.
(12) Qualcuno fosse dirà che, dopo le esperienze di Canton, Perkins, OErsted, Colladon, Sturm,
Régnault, e Grassi sulla compressibilità dell'acqua, non può essere che per inavvertenza, che questa
proprietà sia stata omessa nel catalogo delle generali; e che inoltre anche l'elasticità deve aver posto
fra queste.
Rispondo che tanto la elasticità, quanto la compressibilità, sono state escluse pensatamente dal novero
delle proprietà generali. E ciò perchè non si sogliono predicare dei corpi, se non quelle proprietà, le
quali appartengon loro in modo assai palese, e in un grado tale da influire nei grandi fenomeni, dei
quali ognuno desidera la spiegazione. Ora la compressione, che si è ottenuta nei liquidi, è così poca
cosa che non ci dà diritto di chiamarli compressibili. A misurare questa compressione si è usato
l'apparato, chiamato piezometro, ideato da OErsted e migliorato da Despretz e Saigey (fig. 7.).
Consiste esso in un vaso cilindrico di cristallo, dal cui cielo sorge in mezzo un collo metallico
perfettamente cilindrico, e munito di stantuffo (S), che può abbassarsi per mezzo di una vite di
pressione (P), e ad un fianco (del cielo stesso metallico) si innalza un tubo con chiavetta (D) terminato
in un imbuto (I). Dentro questo vaso cilindrico si versa dell'argento vivo (O), e in posizione verticale
vi si colloca un lungo recipiente (A) pur di cristallo, ripieno del liquore, di cui si vuol conoscere la
compressione. Siccome questo recipiente esce superiormente in un sottilissimo tubetto, tutto
contraddistinto in gradi uguali, il quale ripiegandosi verticalmente va a tuffare la sua bocca
nell'idrargiro (O); così il liquore da sottoporsi alla prova si trova in contatto coll'argento vivo. Ma non
basta: nel mercurio medesimo (O) si immerge la bocca di un altro tubo (U) laterale, men ostile, chiuso
superiormente, e pieno d'aria; al quale è annessa una scala graduata (C). Dopo ciò, si empie d'acqua