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Carlo Goldoni
Amor fa l'uomo cieco
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Amor fa l'uomo cieco
AUTORE: Goldoni, Carlo
TRADUTTORE:
CURATORE: Ortolani, Giuseppe
NOTE: Il testo è stato preparato in collaborazione con Giuseppe Bonghi,
responsabile del sito "Biblioteca dei Classici Italiani"
(http://www.classicitaliani.it/), e con Dario Zanotti, responsabile del sito
"Libretti d'opera italiani" (http://www.librettidopera.it/), dove il titolo
sopra citato è disponibile in formato HTML.
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza
specificata al seguente indirizzo Internet:
http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/
TRATTO DA: "Tutte le opere" di Carlo Goldoni; a cura di Giuseppe Ortolani;
volume 10, seconda edizione; collezione: I classici Mondadori;
A. Mondadori editore; Milano, 1955
CODICE ISBN: informazione non disponibile
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 19 febbraio 2005
INDICE DI AFFIDABILITA': 1
0: affidabilità bassa
1: affidabilità media
2: affidabilità buona
3: affidabilità ottima
ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO:
Giuseppe Bonghi, bonghi18@classicitaliani.it
Dario Zanotti, dzanotti@tiscali.it
REVISIONE:
Giuseppe Bonghi, bonghi18@classicitaliani.it
Dario Zanotti, dzanotti@tiscali.it
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
PUBBLICATO DA:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
Alberto Barberi, collaborare@liberliber.it
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3
AMOR FA L'UOMO CIECO
di Carlo Goldoni
Intermezzo di due parti per musica.
PERSONAGGI
LIVIETTA
CARDONE suo amante.
MINGONE servo che non parla.
4
PARTE PRIMA
SCENA PRIMA
Città.
L
IVIETTA
in abito di Cittadina e M
INGONE
LIV. Vi sto ben?
Vi comparisco?
Eh, che ti par? (al Servidore)
Benché nata contadina,
Non sto ben da cittadina?
Non è ver?
Oh, lo credo; non giurar.
Poco vi vuole a far che incivilisca
Donna nata fra' boschi. Il sesso nostro
Ha un certo natural costume antico,
Che della vanità fu sempre amico;
Io non son già la prima
Che a spese d'un merlotto
Cambiasse condizion. Tante e poi tante,
Ch'erano femminacce da dozzina,
S'hanno ingrandito coll'altrui rovina.
Tutto il suo consumò per mia cagione
Il semplice Cardone; anzi non solo
Dissipò i beni sui,
Ma s'ingegnò di consumar l'altrui.
Ora ch'egli è mendico,
Processato dal Foro, e ch'è ridotto
All'ultima malora,
Sarei ben pazza a coltivarlo ancora.
Eccolo: oh com'è brutto!
E pur mi parve bello;
Or che non ha denar, non è più quello.
Vuò ritirarmi: seguimi, Mingone;
Non dubitar, non vi sarà divario:
Se non Cardone, io ti darò il salario. (si ritira)
SCENA SECONDA
C
ARDONE
mal vestito, e detti ritirati.
CARD.
Per pietà, chi mai m'insegna
Qualche asilo, qualche albergo?
5
Buona gente...
(Parlo al vento, alcun non sente):
Fate un po' la carità!
Eccomi alfin ridotto
Mendico, abbandonato
Sol per una ragazza,
Bellina sì, ma troppo vana e pazza.
Chi mi conoscerebbe? Oh, voglia il cielo
Ch'io non sia conosciuto!
Ho fatto un tal intacco,
Che, se mi scopre la Giustizia, io sono
Per lo meno appiccato. Almen crepasse
Quell'avido mio zio, che inutilmente
Un tesoro conserva! Ah, ch'io frattanto
Perdo il tempo qui invano, e i sbirri, oh Dio!
Van me forse cercando. E dove mai,
Dove addrizzarmi posso,
Misero me! se non ho un soldo addosso?
LIV. Olà, paggio, vien qui, prendi: codesta
È una dobla di Spagna;
Vanne dal pasticcier: di' che mi mande
Due preziose vivande;
Poiché questa mattina
Viene a pranzo con me la Contessina.
CARD.
(Povere doble mie!)
LIV. Fermati; e questi
Due zecchini ti do, perché tu compri
Di Borgogna e Tocai qualche bottiglia,
E il resto cioccolato con vainiglia.
CARD.
(Ed io muoio da fame). Olà, Mingone,
Ferma; non mi conosci? Io son Cardone.
LIV. Stelle, che vedo mai! Così pezzente,
Così sporco Cardone? Agli occhi miei
Quello tu non rassembri, e quel non sei.
CARD.
Ah, pur troppo son quello. Ah tu, Livietta,
Deh non mi abbandonar! Vedi in qual stato
Son ridotto per te?
LIV. Per me? Tu menti.
Che facesti per me?
CARD.
Non tel rammenti?
Chi dal bosco ti trasse?
Chi ti fe' cittadina?
Chi gli abiti, le gioje, e chi il denaro
Ch'ora spendi, ti dié? Stelle! che sento?
Non lo rammenti più?
LIV. Non mel rammento.
CARD.
Ah barbara, ah crudele!
Io ti trassi dal nulla, e tu nel nulla
Mi riducesti: oh memorando eccesso!
Oh barbara natura! oh ingrato sesso!
6
LIV. Ma chi fu la cagione
Del precipizio tuo, se non tu stesso?
Di me ti lagni adesso?
Fu la tua vanità, la tua superbia,
Che per mostrarti allora
Grande più che non eri e dovizioso,
Ti faceva far meco il generoso.
Io chiesi e non rubbai;
Donasti, ed io pigliai;
Se volesti così, non far schiamazzo:
Io savia fui, se tu facesti il pazzo.
CARD.
Hai ragione; gli è vero: il pazzo io fui.
Imparate, imparate,
Uomini delle donne adoratori:
Questi sono alla fine i nostri onori.
Crudel, dunque sin tanto
Che suonava il contante,
Cardone era il tuo amante;
Senza denari adesso,
Il povero Cardon non è lo stesso.
Pazienza!
LIV. È ver: l'indovinasti. Io voglio
Un marito che possa
Mantenermi un braccier e sei staffieri,
Due donne, otto cavalli e due cocchieri.
Vuò pizzetti, vuò stoffe e vuò ricami,
Vuò gioje alla gran moda
E il paggio che mi regga ancor la coda.
CARD.
Lodo la sua intenzion, ma non la credo
Facile da eseguir.
LIV. Forse eseguita
La vedrà questo mese.
CARD.
Ha già il partito
Sì tosto preparato?
LIV. Sì signor, l'ho trovato.
CARD.
Col braccier, coi staffieri?
LIV. E i cavalli, e i cocchieri.
CARD.
Mi consolo, signora.
E la carrozza?
LIV. E la carrozza ancora.
La carrozza ci sarà,
E la voglio a tiro a sei,
Col staffiere, - col bracciere.
Senza questa a' cenni miei,
Non mi voglio maritar.
Ha capito? così va;
S'ella ben non l'ha capita,
Or la torno a replicar.
CARD.
(Ecco pur troppo il femminil costume,
7
L'ambizion delle donne è il solo nume).
Non mi vuoi?
LIV. Non ti voglio.
CARD.
Eh via...
LIV. Sei sordo?
CARD.
Dunque, che far dovrò?
LIV. Fa ciò che vuoi:
Io penso ai fatti miei, tu pensa ai tuoi.
CARD.
Mingon, parla per me. (a Mingone)
LIV. Taci, non voglio
Moltiplicarmi il tedio
Con le tue voci ancor. (a Mingone)
CARD.
Dunque ti lascio;
Dunque parto, crudel.
LIV. Va pur.
CARD.
Ma dimmi,
Che t'ho fatto, ben mio? Cara Livietta,
Bella più di Cleopatra,
Io ti fui più fedel di Marcantonio.
Ma dillo tu, faccia di testimonio. (a Mingone)
Gioia mia, devo partire
Così afflitto e sconsolato?
Disgraziato, che t'ho fatto?
Niente affatto. Dillo tu...
Come fu... Parla per me. (a Mingone)
Sei tu sola il mio tesoro,
Per te languo, per te moro,
Senza te non posso stare.
Dillo tu, non è così? (a Mingone)
Signor sì, che così è.
LIV. Ma questo pianto tuo quasi mi move
I dolori di corpo.
CARD.
Orsù, t'intendo.
Morto mi vuoi veder? Morrò, già vado,
Vado della Giustizia
Da me stesso in le man; io le mie colpe
Pubblicherò; dirò che per Livietta
Tutto il mio consumai,
Indi quello degli altri ancor rubbai.
Mi caccieran prigione,
Mi manderanno a morte;
E allor della mia sorte
Tu contenta sarai...
Oh non ti avessi conosciuta mai!
Parto dunque, o mia diletta,
Ma il mio cuor resta con te.
LIV. Non chiamarmi tua diletta,
Che il mio cor non è per te.
8
CARD.
Tu sei come tartanella,
Che nel mare a vento in poppa
Veleggiando se ne va.
LIV. Rider mi fa.
CARD.
Uh, chi viene contro a me?
LIV. Ben, chi viene?
CARD.
Vedo gente tutta armata;
Questa certo è la giornata
Di dovermi moschettar.
Ta ta ta fa ta ta bu...
Gioia bella, questo core,
Perché tu gli dai tormento,
Io già sento - consumar.
LIV. Non parlarmi più d'amore,
Perché non mi dai tormento,
Né mi sento - consumar.
9
PARTE SECONDA
SCENA PRIMA
Cortile
.
C
ARDONE
solo, vestito da pazzo.
CARD.
Quanto mi vien da ridere,
Quando vi penso su.
E pur è ver; sono gli umani eventi
Regolati in tal guisa
Che l'uom sagace e accorto
Per comprenderne il filo ha il cervel corto.
Chi l'avrebbe mai detto? Io fingo il pazzo
Per sottrarmi così dalla Giustizia;
E dalle mie pazzie
Spaventato mio zio, sordido avaro,
Se n'è crepato, e mi lasciò il denaro.
Or così facilmente
Pagherò i creditori, e la Giustizia
Render potrò placata,
Quando s'abbia la parte accomodata.
Colpo più bello al mondo
Certo giammai non fu.
Quanto mi vien da ridere,
Quando ci penso su.
SCENA SECONDA
L
IVIETTA
e detto.
LIV. (Oh stelle! ecco Cardone. Ei per la morte
Del ricchissimo zio, ricco è tornato.
Sarà meco sdegnato; e perché mai
Travestito in tal guisa?
Ei mi muove alle risa.
Tornarlo a lusingar sarà mio impegno,
Se tanto vale un femminile ingegno).
CARD.
(Livietta qui? vuò seguitar il pazzo;
Vuò veder che sa dire;
Vuò veder che sa fare;
Della crudel mi voglio vendicare).
LIV. M'è permesso, signor?...
10
CARD.
Donna, t'arresta;
E pria di penetrar in queste soglie,
Dimmi se sei donzella, o se sei moglie.
LIV. Non mi conosce?
CARD.
No.
LIV. Non son io quella?...
CARD.
Sei donzella, o sei moglie? (irato)
LIV. Io son donzella.
CARD.
Ti voglio maritar.
LIV. Già mi rammento
L'impegno che con lei...
CARD.
Taci; il tuo sposo
Sai qual esser dovrà?
LIV. Se non m'inganno,
Vossignoria sarà...
CARD.
Sarà un malanno.
LIV. Quest'è troppo rigor.
CARD.
Orsù, comprendo
Che a femmina gentile
Tutto donar si può. Senti.
LIV. Che brama?
CARD.
Sarò tuo cavalier, tu la mia dama.
Mi conosci?
LIV. Non è...
CARD.
Ti stimo un mondo
Se il mio nome tu sai.
LIV. Non è Cardone?
CARD.
È un'altra cosa che finisce in one.
LIV. Come sarebbe a dir?
CARD.
Mutiam discorso.
La pantera con l'orso,
La tigre col leone,
Livietta con Cardone
Non si ponno veder uniti a un tratto,
Perché bestiacce son contrarie affatto.
LIV. (E pazzo, o tal si finge?)
CARD.
Io vuò proporti
Una cosa da fare, e se la fai,
Premio condegno avrai.
LIV. Che far degg'io?
CARD.
Vuò che vadi lassù, dove risplende
Cintia, ovvero la luna,
E che mi sappia dir s'abbia gran fondo,
E se nel centro suo v'è un altro mondo.
LIV. (Oh poverina me! ch'egli è impazzito).
Povero mio Cardone, anima mia,
Che vuol dir tal disgrazia? Ah, che ne fui
Fors'io l'empia cagione.
Non mi conosci più? pover Cardone!
CARD.
(S'intenerisce).
LIV. (Vuò scoprirne il vero).
11
CARD.
Indi, dopo un tal viaggio,
Vuò che vada nel regno di Plutone,
Proserpina a baciar.
LIV. Pover Cardone!
Oh Dio! che tal disgrazia
M'opprime, mi sorprende; io non resisto,
Io mi sento morir.
Certo il meschino
Per amore è impazzito.
Io, donna ingrata,
Io ne fui la cagion.
Di già m'aspetto
Un fulmine dal ciel che mi sprofondi.
Vedo aprirsi la terra.
Più rimedio non v'è. S'egli tornasse...
Ah, che il cervel non torna. Oh me infelice,
Cardone, mio tesoro!
Oh Dio! non posso più; già manco; io moro. (finge svenire)
CARD.
Le credo, o non le credo?
M'accosto, o non m'accosto?
Divento molle, o mi mantengo tosto?
Temo non me la ficchi.
È troppo, è troppo scaltra.
È vero da una parte, ma dall'altra
Mi muove a compassione.
Il rimorso, il dolore,
Potria farla morir. Che tentazione!
Ora non occorr'altro. L'ho pensata:
Vuò accostarmi pian piano, e se la vedo
Far un picciolo moto,
Ritorno a far il pazzo, e non le credo. (s'accosta e l'osserva)
Non si move,
Non rifiata,
Chiusi ha gli occhi,
Freddo il naso.
Saria pur il brutto caso!
Vuò chiamarla: Livietta...
(Livietta si move)
Sull'erbetta - alla françois...
Ah ah ah ah ah ah ah.
S'è quietata. - Quei tremori
Forse son gli ultimi moti.
Sfortunata! - E già spirata.
Oh mia bella - morticella,
Livietta bella, bella,
Livie... (come sopra)
Sol, fa, mi, do, re.
Ah, ah, ah, ah, ah, ah, ah.
Livietta mia, bellissima Livietta,
12
O sbrigati a morire, o sorgi e vivi.
(Livietta fa de' moti)
Par che patisca anch'io
De' moti convulsivi.
Ah questo è stato certo
L'ultimo suo sospiro.
Se n'è andata.
Non v'è più dubbio: ha fatta la frittata.
Oh povera Livietta! Io ti voleva
Pur il gran ben! Benché mi fosti ingrata,
Io non fui meno amante. Or che la sorte
Mi tornò a favorir, teco averei
Tutti divisi li tesori miei.
(Livietta si move)
Zitto, che non è morta. Avessi almeno
Qualche spirto eccellente
Per farla rinvenir. Sentito ho a dire
Che l'oro il cuor consola:
Vuò farne esperienza. (la tocca con una borsa di denari)
Prendi Livietta, sì, prendi, cuor mio,
Refrigerio dall'oro, e vivi...
LIV. Oh Dio! (rinviene)
CARD.
Il prodigio è già fatto.
LIV. Ah dove sono?
CARD.
Sei presso al tuo Cardone.
LIV. Io mi credea nel regno di Plutone.
CARD.
Che mai fu che ti oppresse?
LIV. Ah fu il dolore
Di vederti... Ma dimmi, hai tu perduto
Veramente il cervello?
CARD.
Eh no, mia vita,
Fu questa una malizia
Per fuggire il rigor della Giustizia.
LIV. Ma perché finger meco?
CARD.
Per provarti
S'eri compassionevole,
E s'era del tuo amor più meritevole.
LIV. Traditor, non lo sai?
CARD.
Io so che mi sprezzasti.
LIV. Allor burlai.
CARD.
Dunque...
LIV. Dunque d'avermi
Quasi fatta morir, la penitenza
Ora devi tu far.
CARD.
Mia vita, imponi,
Tutto farò per te.
LIV. Di cento doppie
Fammi il picciolo dono,
E ogni ingiuria passata io ti perdono.
CARD.
Cento doppie? Son poche. Io vuò donarti
Più assai della metà
13
Della mia eredità.
LIV. Così mi piaci,
Così bello tu sei, così t'adoro.
Tu sarai la mia pace, il mio tesoro.
Oh come sei bello;
Oh come sei caro!
(Ma senza denaro
Non eri così).
Io t'amo sì, sì.
T'adoro costante
(Ma fin che il contante
Durar ti saprà).
(È questa l'usanza
Moderna ed antica.
Chi 'l prova, lo dica.
Oh l'uomo è pur brutto,
Qualora, distrutto,
Denari non ha).
CARD.
Dunque sperar io posso
Nell'amor tuo, nella tua fé?
LIV. Sì, caro,
Di me ti puoi fidar.
CARD.
Ma mi sovviene
Lo strapazzo, l'ingiurie...
LIV. Eh tu non sai,
Che fingendo così teco burlai?
CARD.
Ti credo, o non ti credo?
LIV. Oh Dio! crudele,
Vuoi vedermi morir? Già vado...
CARD.
Ah ferma.
Senti, dammi una prova
Del fedele amor tuo.
LIV. Son pronta; chiedi.
Che pretendi, mio ben?
CARD.
La man di sposa
Dammi, e ti crederò.
LIV. Ben volentieri.
Ma tu la contradote
Fammi di diecimila scudi.
CARD.
Io sono
Questa somma prontissimo a donarti.
LIV. Egualmente son io pronta a sposarti.
CARD.
Dammi dunque la destra.
LIV. Eccola. E poi
Sarai cortese e generoso meco?
CARD.
Son tutto tuo.
LIV. (Amor fa l'uomo cieco).
CARD.
Oh che sorte, che piacere!
14
Se farai un bel puttino,
Galantino, - tenerino;
E da quel poi sentirai
Quel caretto oà oà.
LIV. Mio consorte, oh che godere!
Quando in casa tornerai,
E dal caro fantolino
Piccinino, - galantino,
Cinguettando l'udirai
Chiamar mamma, e dir papà.
CARD.
Quando poi sarà avanzato,
Fra me stesso ho decretato
Insegnargli un po' a cantare,
Acciò il buffo possa fare
Per diletto, or qua, or là.
LIV. E se fosse una bambina,
La faremo ballerina,
E saremo sempre in tempo
D'insegnarle a solfeggiare.
Che ti pare?
CARD.
Canti pure,
Suoni pure, balli pure;
A me tutto piacerà.
a due Si canti, si balli,
Che il tempo sen va.
La lara la là. (ballano il minuetto, e con questo)
Fine dell'Intermezzo.
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