Gli sembrava di destarsi appena da un sogno divino e mostruoso nello stesso tempo; e un mostro di
felicità e di angoscia gli frugava il cuore. La felicità però, se felicità poteva dirsi, non andava mai
separata da un senso d'angoscia, mentre nei momenti, ed erano i più, nei quali il dolore del delitto
commesso vinceva, nulla valeva a raddolcirlo.
La parte buona e credente dell'anima di Elias si ridestava tutta d'un tratto, in quell'alba quaresimale
triste e minacciosa, e si smarriva e si atterriva davanti alla realtà del fatto compiuto.
«Non è vero, è stato un sogno», egli pensava, stringendo la briglia con le dita aggranchite dal
terrore.
«Un sogno. Oh che non ho sognato in riva all'Isalle, e nella <I>tanca</I>, quante volte? Ma no, no,
no! Che dici a te stesso, Elias Portolu? Miserabile, sei pazzo, il più vile, il più abietto degli uomini.»
Ma mentre così si rimproverava ricadeva nel ricordo, e tutte le sue membra trasalivano di piacere e
il viso si rischiarava; poi ridiventava più inquieto di prima, un'onda di vergogna e di rimorso gli
penetrava per ogni vena; e di nuovo il terrore e impeti folli di percuotersi, di schiaffeggiarsi, di
mordersi i pugni lo assalivano come cani arrabbiati.
Allora ricominciavano gl'improperi.
«Un vile, un miserabile, un pazzo sei, Elias Portolu, avanzo di galera, che cosa potevano aspettarsi
da te tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli? Hai insucidato la tua casa stessa, hai tradito tuo fratello,
tua madre, te stesso. Caino, Giuda, vile, pezzente, immondezza. Che cosa farai tu, adesso; che, cosa
ti resta a fare e non darti un colpo di scure?»
E ricadeva nel ricordo, e sentiva che ormai amava Maddalena fino alla morte, e che alla prima
occasione sarebbe ricaduto; ed a questo pensiero gli si rizzavano i capelli per l'orrore. Così fece il
viaggio. Oltrepassando il varco della <I>tanca</I> sollevò lentamente gli occhi e guardò come
trasognato il paesaggio che gli si stendeva davanti, silenzioso e verde, di un triste verde invernale: le
roccie, la linea del bosco, grave ed immobile sul cielo grigio, tutto gli parve mutato, tutto
corrucciato contro di lui.
«Che ho fatto io? Che ho fatto io? Come sopporterò lo sguardo di mio padre?»
Eppure lo sopportò, non solo, ma dovette ascoltare i discorsi di zio Portolu, che lo ferivano
crudelmente.
«Ti sei divertito, agnello? Eh, ti si vede dal viso: tu hai il viso in color del lievito; devi esserti
mascherato, ed hai ballato, ed hai vegliato e ti sei divertito; te lo leggo negli occhi, figliuolino mio.
E tuo padre era qui, a lavorare, a tender l'orecchio contro i malfattori, mentre tu ti divertivi. Ma va;
eh, non credere che io sia invidioso; è il tuo tempo, e il mio è passato, ed ora è la quaresima. E zia
Annedda cosa fa? ah, essa mi ha mandato le focaccie e le frittelle: ah, essa non dimentica il vecchio
pastore. E Madelenedda mia cosa fa? Si diverte? Sì, lasciamola divertire, la piccola colomba; essa è
una santa, come zia Annedda; eh, le rassomiglia, più che i suoi figliuoli.»
«Ah, s'egli sapesse!», pensava Elias fremendo; ogni parola del padre lo colpiva al cuore. Intanto gli
pareva di non potersi abbandonare ai suoi pensieri alla presenza di zio Portolu, e appena poté andò
in cerca di solitudine e, senza confessarselo, desiderò d'incontrare zio Martinu. Ma il vecchio non
c'era. Attraversando la <I>tanca</I> Elias incontrò solo il fratello Mattia, che errava tranquillo e
taciturno, armato d'una lunga pertica. Nessun altro. Sotto quel gran cielo morto, nell'immobilità
d'ogni cosa, le tanche sembravano ancor più deserte e sconfinate.
Elias ripensava alla mascherata, ai rumori, ai colori della folla, al ballo con Maddalena; e ogni più
piccolo ricordo lo faceva tremare. Ah, tutti quelli ch'egli aveva veduto erano felici, e lui solo era
condannato ad errare nella solitudine, e la felicità si cangiava per lui in tormento. Ricominciò a
ribellarsi; eppoi giacché il primo passo era fatto, giacché l'anima sua era inesorabilmente perduta,
perché non continuare a godere?
«Sono un idiota», pensava. «Maddalena non può più vivere senza di me, me lo ha detto, ed io le ho
giurato che sarò sempre suo. Perché devo renderla infelice? Non faremo altro male sulla terra;
vivremo sempre come marito e moglie, e Pietro non soffrirà mai nulla per colpa nostra.» E il suo
viso si rischiarava al sogno di tanta felicità; ma subito, improvvisamente, sentiva l'orrore del suo
sogno, e avrebbe voluto rotolarsi per terra, smuover le roccie, urlare al cielo il suo peccato, sbatter la
testa contro le pietre, per dimenticare, per levarsi dalla mente i desideri e i ricordi.
Al cader della sera fu vinto da una tristezza, da un languore invincibile. Cominciò a guardare
l'orizzonte, verso Nuoro, col desiderio di tornare, di veder Maddalena; vederla almeno da lontano, e