presenti a tutto, e Dee tutto sapete?
Quattro volte l’Aurora era salita
su l’orïente a riveder le Grazie,
dacchè nacquero al mondo; e Giano
antico,
padre d’Italia, e l’adriaca Anfitrite 200
inviavan lor doni, e un drappelletto
di Naiadi e fanciulle eridanine,
e quante i pomi d’Anïene e i fonti
godean d’Arno e di Tebro, e quante
avea
Ninfe il mar d’Aretusa; e le guidavi 205
tu, più che giglio nivea Galatea.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E cantar Febo pieno d’inni un carme.
Vaticinò, com’ei lo spirto, e varia
daranno ai vati l’armonia del plettro
le sue liete sorelle, e Amore il pianto
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che lusinghi a pietà l’alme gentili,
e il giovine Lïeo scevra d’acerbe
cure la vita, e Pallade i consigli,
Giove la gloria, e tutti i Numi eterno
poscia l’alloro; ma le Grazie il mèle 215
persüadente grazïosi affetti,
onde pia con gli Dei torni la terra.
E cantando vedea lieto agitarsi
esalando profumi, il verdeggiante
bosco d’Olimpo, e rifiorir le rose, 220
e [scorrere] di nèttare i torrenti,
e risplendere il cielo, e delle Dive
raggiar più bella l’immortal bellezza;
però che il Padre sorrideva, e inerme
a piè del trono l’aquila s’assise.
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. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Inaccessa agli Dei splende una
fiamma
solitaria nell’ultimo de’ cieli,
per proprio foco eterna; unico Nume
la veneranda Deità di Vesta
vi s’appressa, e deriva indi una pura 230
luce che, mista allo splendor del sole,
tinge gli aerei campi di zaffiro,
e i mari, allor che ondeggiano al
tranquillo
spirto del vento facili a’ nocchieri,
e di chiaror dolcissimo consola
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con quel lume le notti, e a qual più
s’apre
modesto fiore a decorar la terra
molli tinte comparte, invidïate