un bambino, la cui vita le era più cara della sua propria! Ruppe alla prima in un pianto angoscioso, e
le lacrime piovevano sulla faccia dell'ignaro lattante. Ma tantosto la scosse dal doloroso letargo il
sentirsi bagnare le piante. Quel vendicativo avea strappato il capecchio ond'ora calafatato il legno,
sicchè l'acqua vi trapelava lenta lenta per le commessure. Stette la tapina coll'occhio incantato sul
fondo della barchetta, e parve consolarsi. - Un'ora, due al più, e sarà empita: affonderà: io con essa...
e sarà finito quest'inferno. - Ma... e il mio bambino?»
A tal pensiero rabbrividì; e affaccendandosi allora nel cercare salvezza, quanto dapprima
disperando aveva agognato la morte, si strappò a furia dal capo, dal petto i veli, e con quelli si pose
a ristoppare le commessure, attentissima coll'occhio, coll'orecchio, se da veruna fessura trapelasse
acqua ancora; e quando più non le parve, si consolò, riprese il fanciullo, sedette, guardò a questo,
guardò alla riva, guardò al cielo... Il bambino era sopito: la riva lontana, silenziosa come l'egoista
alle miserie dei suoi fratelli, il cielo bello, limpido, qual suol esser al terminare di maggio in quelle
floride parti della florida Lombardia, la luna scema spuntava allora di dietro i monti dell'Albenza, le
cui vette si disegnavan sovra il profondo ceruleo dell'aria per la quale scintillavano migliaja e
migliaja di stelle.
Quante sere, lucide come questa, avea la Rosalia passate nell'amorevole e gioconda
compagnia delle amiche, presso ai parenti, spensierata fanciulla, lieta di placidi gaudii, di allegre
fantasie! E dopo sposa, quante volte, in quell'ora, sul battuto della rocchetta erasi badata ad ascoltare
i malinconici concenti dell'usignuolo, od a spingere lo sguardo giù verso la riva e per lo scarco delle
colline, se vedesse tornare lo sposo! - Ed ora? L'idea dello sposo le richiamava alla mente i più
minuti casi del passato; gesti, parole, tratti, che avevano voluto o non vedere o interpretar in bene,
ed ora le rivelavano una miserabile tela di sdegni covati, di meditate vendette. Da lui condannata di
colpa, onde non si conosceva rea, di cui poteva giustificarsi con una parola, condannata a penare
qui, com'ella si credeva, una notte intera, nel deserto delle acque, fra il disagio e la paura... - Oh! che
nessuno mi venga a soccorrere?... Nessuno?... Certo egli a quest'ora è giunto al castello; entrò in
casa, rivide i luoghi pieni delle memorie de' nostri primi giorni di felicità; nessuno gli si fece
incontro a festeggiarlo; rivide il letto, rivide la cuna, - la cuna vuota; si ricordò di me, del bambino
che non ha colpa; s'è pentito d'averci messi a questa croce, e corre a salvarci. Oh! saprò ben io
dissipare i suoi sospetti: saprò bene col doppio di amore quietargli ogni sdegno... Mio Ramengo!
ancora mi vorrà bene, m'abbraccierà ancora. Ecco, la sua destra è sotto al mio capo; la sinistra mi
accarezza, e tra noi due è questo caro fanciullo, e ci baciamo tra noi, e lo baciamo lui. Ve'! qualcosa
di chiaro s'inoltra nel fondo... È senz'altro la sua barca.»
Il lume si avanzava lento, eguale, ma pallido, azzurrognolo, accostavasi alla barca; - era un
fuoco fatuo che seguitando si disperdeva. La Rosalia, che al suo avvicinarsi aveva mandato il grido
di chi implora soccorso, che coi palpiti ne aveva misurata la distanza ed il lentissimo procedere,
come anche questa speranza dileguò, sospirava, piangeva, piangeva.
Posò il bambino sullo scannello di prua, e inginocchiatasi e sporgendosi da una proda,
cominciò colle mani a imitare l'ufizio di remo, se mai riuscisse a farsi più presso alla riva. Il
navicello si moveva, sì, ma aggirandosi intorno a sè stesso, senza nulla guadagnare verso il lido,
talchè, stanca, rifinita, scoraggiata, tornò la dolorosa a sedersi, a levarsi in grembo il fanciullo, a
coprirsi gli occhi con le mani, a piangere ancora, a fantasticare.
- Questa notte, per lunga, per ambasciosa, passerà: verrà il mattino; alcuno comparirà, mi
farò sentire; sarò aiutata, tratta a riva... E poi? che farò io? dove anderò? Ritornare a lui?... ma se
egli mi ha scacciata... se ha decretata la mia morte... E la gente?... che dirà la gente se mi vedono
tornare a questo modo? Comprenderanno il fatto, me incolperanno di tradimento, Ramengo di
violenza. Che ne sarà di lui? di me? Che avesse egli a soffrire per mia cagione? Oh Dio! Dio!» e
raddoppiava i gemiti, alzava le strida: strida da passare il cuore, ma che si perdevano inesaudite nel
silenzio dell'ondosa pianura e della notte arcana.
Solo, tratto tratto riscosso da quelle, il fantolino mesceva ad esse i suoi vagiti; ella
carezzandolo allora, baciandolo, porgendogli la mammella, il tranquillava; e, quasi avesse
intendimento, gli diceva: - Dormi, fanciullo mio, viscere mie, dormi. Questi mali almeno tu non li
senti, tu. Ma la povera tua madre!... Oh! sono io, vedi; sono io che ti ho dato la vita, son io che ti
nutrisco di me stessa, che ti alleverò, che ti educherò. E guarda! ora son qui, di notte al bujo, sola, in
una barca, nel mezzo di un lago che non ha fondo... non ho un palmo di terra dove posare i piedi;