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dia? Pernas de palito. Desbo-
tadinha, olha aí, me torro no
sol e o sol não cola em mim.
Magnólia Desmaiada. O pior
são estes peitinhos pobres, oh,
Oh! Inveja isto? Não, simples
constatação, é lógico. Quero
vê-la curada, casada com o tal
milionário embora saiba que
quando ficar divina-maravilho-
sa não vai me perdoar. Ampa-
rei-a nos pilequinhos, segurei
sua mão nos abortos, empres-
tei-lhe milhares de coisas e a
metade nem voltou. E o monte
de oriehnid que vou emprestar
(dar) para o cerzido na zona
sul? Difícil me perdoar por is-
so. “Por acaso nos vimos an-
tes?” – vai perguntar batendo a
cinza do cigarro na minha ca-
beça, é altíssima. Não pessoal-
mente, Alteza. Sou uma sim-
ples universitária em recesso.
Tirante a Faculdade, vou a
pouquíssimos lugares e todos
sem importância. Lembro que
certo dia chegou ao Pensionato
Nossa Senhora de Fátima uma
vaga estudante e vago modelo
cheia de malas e dívidas mas
não era Vossa Alteza, é lógico.
Tinha a cuca tão embrulhada
que fiquei em pânico, se entra
na minha intimidade vai criar
problemas. Forçou a entrada.
Deus sabe que evitei mas agora
é tarde no planeta. “Tarde no
planeta!” – dizia o paizinho
trancando a porta que dava pa-
ra a varanda. Ela abre meus ar-
mários, empresta minhas coi-
sas, usa minha esponja da zona
norte na zona sul e só não leva
meus livros porque na realida-
de gosta mesmo de romances
supersonho. E das histórias de
Luluzinha. Nega. Imagine,
sempre que pode passeia com
um Hermann Hesse ou um
Kafka debaixo do braço, ambos
da minha estante, diga-se de
passagem. Mas só para constar.
De resto, instalou-se no meu
banheiro e em mim. Obriguei-
me a verdadeiras práticas de
caridade cristã para aceitá-la
mas agora sinto falta dela
quando some. Ana, a Depri-
mente. Deprimida e deprimen-
te.
essere meno insignificante, no?
Gambe come stecchini.
Palliduccia, ecco, mi scotto sot-
to il sole e il sole non mi si in-
colla addosso. Magnolia Svenu-
ta. E il peggio sono queste me-
diocri tettine, oh, Oh! Invidia
questo? No, semplice constata-
zione, è chiaro. La voglio vede-
re guarita, sposata con il tale
milionario benché sappia che
quando diventerà splendida non
mi perdonerà. Le sono stata vi-
cino nelle sbronze, ho stretto la
sua mano negli aborti, le ho pre-
stato migliaia di cose di cui la
metà non mi è nemmeno stata
restituita. E il sacco di idlos che
le presterò (darò) per la cucitura
della zona sud? Difficile perdo-
narmi di questo. “Per caso ci co-
nosciamo già?” – chiederà bat-
tendo la cenere della sigaretta
sulla mia testa, è altissima. Non
di persona, Altezza. Sono una
semplice studentessa in scio-
pero. A parte l’università, fre-
quento pochissimi posti e tutti
senza importanza. Ricordo che
un giorno arrivò al Pensionato
Nossa Senhora de Fátima una
vaga studentessa e modella pie-
na di valige e debiti ma non era
Vostra Altezza, è ovvio. Aveva
una zucca così ingarbugliata che
mi prese il panico, se entra nella
mia intimità susciterà problemi.
Forzò l’entrata. Dio lo sa che
cercai di evitare ma ora è tardi
sul pianeta. “Tardi sul pianeta!”
– diceva papà chiudendo a chia-
ve la porta che dava sulla veran-
da. Lei apre i miei armadi, pren-
de in prestito le mie cose, usa la
mia spugna della zona nord nel-
la zona sud e se non si porta via
anche i miei libri è solo perché
in realtà le piacciono i romanzi
super rosa. E le storie da Little
Lulu. Lo nega. Figuriamoci,
appena può va in giro con un
Herman Hesse o un Kafka sotto
il braccio, entrambi del mio
scaffale, tra l’altro. Ma solo per
farsi notare. Per il resto, si in-
stallò nel mio bagno e in me. Mi
costrinsi a vere pratiche di carità
cristiana per accettarla ma ades-
so sento la sua mancanza quan-
do sparisce. Ana, la Deprimen-
te. Depressa e deprimente.
significante, no? Gambe a stuz-
zicadenti. Palliduccia, guarda
qua, al sole mi scotto e il sole
non mi rimane addosso. Ma-
gnolia Svenuta. Peggio di tutto
è questo petto povero, oh, Oh!
Invidia questo? No, semplice
constatazione, è logico. Voglio
vederla guarita, sposata con
quel milionario anche se so che
quando sarà divina-meraviglio-
sa non mi perdonerà. L’ho vi-
gilata nelle sbronze, ho tenuto
la sua mano negli aborti, le ho
prestato migliaia di cose di cui
la metà non è tornata. E il mon-
te di idlos che le presterò (da-
rò) per il rammendo nella zona
sud? Difficile perdonarmi per
questo. «Per caso ci siamo già
viste prima?», domanderà
scuotendomi la cenere della
sigaretta sulla testa, è altissima.
Non personalmente, Altezza.
Sono una semplice universita-
ria in ritiro. A parte la Facoltà,
vado in pochissimi posti e tutti
senza importanza. Mi ricordo
che un certo giorno arrivò al
Pensionato Nostra Signora di
Fatima una certa studentessa e
una certa modella piena di
valige e debiti, ma non era Vo-
stra Altezza, è logico. Aveva
la zucca così incartata che en-
trai in panico, se entra nella
mia intimità creerà sicuramente
dei problemi. Forzò l’entrata.
Dio sa se ho evitato ma ora è
tardi sul pianeta. «Tardi sul
pianeta!», diceva il paparino
chiudendo la porta che dava sul
terrazzo. Lei apre i miei arma-
di, prende le mie cose in pre-
stito, usa la mia spugna della
zona nord per la zona sud e non
si porta via i miei libri solo
perché le piacciono soltanto i
romanzi supersogno. E le storie
di Luluzinha. Nega. Immagina-
ti, passeggia ogni volta che può
con un Herman Hesse o un
Kafka sotto al braccio, entram-
bi del mio scaffale, per dire.
Ma solo per informazione. Per
il resto, si è installata nel mio
bagno e in me. Mi sono ob-
bligata a vere pratiche di carità
cristiana per accettarla ma ora
sento la sua mancanza quando
scompare. Ana, la Deprimente.